Omelia Don Carlo 2 dicembre 2019


Omelia 02 dicembre 2019

“Il germoglio crescerà, il frutto sarà magnificenza”.

L’immagine potente nella testa del profeta Isaia, prima ha esaltato Gerusalemme “Andiamo con gioia”, poi si rende conto che Gerusalemme non garantisce nulla, sarà distrutta più volte, adesso ne è rimasto solo un pezzo di muro.
Non è sufficiente, Gerusalemme è una cosa, una casa di pietra, non può garantirti la vita. E anche il centurione, pagano, non aveva granché di religioso, ma dice: “Non importa che Tu venga nella mia casa”.
Ma che problema di casa? Io Ti guardo e vedo che Tu hai una potenza di vita che attraversa i muri!
Non c’è bisogno che venga sotto il mio tetto. Non c’è bisogno di nessun tetto, di nessun muro.
In che cosa si fonda, dove poggia la novità che Tu porti?
Non ho mai trovato una fede così grande. Quest’uomo ha capito che il problema non è una città fatta di muri.
Che cos’è allora? Isaia c’ha un’immagine potente:
“Il germoglio crescerà, il frutto suo sarà magnificenza”.

Il germoglio non è una casa, il germoglio è una vita, è una gemma di primavera.
Il germoglio è la libertà di un uomo che accoglie l’annuncio e dice “sì”. Non è più una casa che si può abbattere: la libertà di un uomo non si abbatte mai.
Lui ci guarda così – dice Isaia – Gesù ci guarda così. Ai Suoi occhi noi siamo un germoglio piccolo, fragile, minacciato, ma che porta una grande promessa. Siamo fatti per fiorire, per portar frutto, per diventare beni futuri.
E perché tante volte, invece, non abbiamo questa percezione di noi stessi? Cosa ci manca? Cosa occorre perché un germoglio, la libertà di uomo, possa fiorire e fruttificare?
Prima occorre innaffiarlo, concimarlo e lavorarlo. È la legge di ogni vita, anche della vita umana.
Tante volte noi ci sentiamo brutti, infecondi, sterili perché siamo pigri, non abbiamo cura di questo germoglio che noi siamo. E serve anche potarlo – direbbe il Vangelo di Giovanni – cioè tagliar sempre le gemme secondarie perché non sprechino linfa in ciò che non è essenziale. La potatura vuol dire puntare sempre sull’essenziale, sulla gemma più potente. Perché nella vita tutto è bene, ma non è tutto uguale.
Spesso noi ci sprechiamo per cose secondarie, per dei capricci, per delle fissazioni estenuanti da cui poi usciamo frustrati. Quello che è consolante nella mia vita di educatore è che nel mondo esiste un giardino dove ogni germoglio, anche il più ferito, può fiorire.
“Che gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore”, cioè un luogo in cui ognuno può essere un germoglio miracoloso.