Omelia Don Carlo 11 dicembre 2018


Omelia 11 dicembre 2018
“Parlate al cuore di Gerusalemme”. Cristo parla col cuore, come ha intuito il Deutero-Isaia e sfida il cuore ad essere se stesso, ad essere audace. Cristo non ha paura della grandezza delle esigenze del cuore, anzi, irrompe davanti al cuore e dice: “Io pretendo di corrispondere totalmente al tuo cuore e non vengo a sedarlo, ma a svegliarlo, a eccitarlo.
Cristo nella mia vita ha buttato benzina sul fuoco del cuore, perché gli ha mostrato la grandezza per cui è fatto; la fede in Cristo non mi ha reso più sazio, ma più affamato.
E cosa grida al cuore il profeta Isaia? Grida: “L’uomo è come l’erba che germoglia al mattino, ma avvizzisce la sera”. Eh no, caro Isaia! Solo in parte questo è vero: che io avvizzisco, sì, a 72 anni è evidente, ma che io sia come l’erba no! L’erba non ha cuore, io sì! E il mio cuore non accetta di avvizzire. L’erba avvizzisce e non dice niente; ne ho tagliata e usata tanta io – quando facevo l’agricoltore e l’allevatore – di erba, non si è mai lamentata, ma a me non va bene di avvizzire. C’è un grido, un urlo, dentro di me, altro che l’urlo di Munch! Io posso accettare di avvizzire se posso sfidare l’avvizzimento, se lo posso guardar negli occhi con la certezza che l’eterno esiste, solo se vedo – ogni giorno – i segni che mi rendono certo dell’eternità. Infatti, il Salmo fa eco e, di rimbalzo, risponde alla profezia di Isaia che sarebbe insostenibile – pochissimi ebrei l’hanno sostenuto, la maggior parte ha mollato, un pugno di uomini, li chiamavano gli anawim Jahvé: i poveri di Jahvé, che mantenevano dentro il grido di qualcosa che solo il re poteva dare.
Invece il Salmo: “A tutti i popoli dite le Sue meraviglie”, perché se i popoli non sentono dire le Sue meraviglie non riescono ad essere popolo, cioè non possono prendere sul serio il cuore, che può fare degli uomini un popolo. Ecco! Io ho bisogno per poter avvizzire senza perdere la faccia, il tono, la vibrazione, di vedere ogni giorno i segni che mi gridano le meraviglie, le grandezze del Signore, di amici che me li raccontano, che li condividano con me e che ne godano con me, per potere sfidare, con questo godimento, il cuore degli uomini che incontriamo.